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ASILI NIDO
Prima i bambini !
intervista a cura di S.I.

asili nido2

La signora Grimoldi abita a Olginate, vicino a Lecco. Per anni ha fatto la spola fra casa sua e Monza, dove è stata coordinatrice dell'asilo nido Cazzaniga. Per 24 anni, per la precisione. Poi è andata in pensione. Di fermarsi, però, non se ne parla, anzi: gli impegni, le iniziative, le battaglie l'hanno trovata disponibile e libera da altri impegni, e lei non si è fatta pregare!
Per prima cosa ha preso contatto con un gruppo di genitori di Lecco, attivi sui diritti dell'infanzia, con i quali ha fondato l'associazione "Il Mignolo". Poi il raggio d'azione si è allargato a Milano e hinterland: qui, in collaborazione con il Coordinamento dei Comitati di gestione dei nidi di Firenze, è sorto un gruppo territoriale di sostegno alla proposta di legge di iniziativa popolare "L'asilo nido: un diritto delle bambine e dei bambini". L'articolo 2 di tale proposta reca come titolo: Esclusione degli asili nido dai servizi a "domanda individuale".

Signora, mi dica una cosa: è proprio necessario fare una battaglia per il diritto al Nido? Quanti bambini ci vanno?
Pochissimi: la media nazionale è del 6 per cento.
E a Monza?
Monza si attesta su una percentuale sopra la media: il 10-12 per cento circa.
Chiariamo meglio: a Monza nell'anno scolastico 1999-2000 sono stati accolti all'Asilo Nido circa 200 bambini; se quello che dice lei è vero, significa che la città contava circa 2000 bambini compresi fra gli 0 e i 3 anni.
Non è facile dirlo senza dati concreti alla mano; secondo un criterio puramente statistico, comunque, sì: si può dire così.
Ma le domande totali sono state solo 350: e gli altri?
Molti nemmeno sanno cosa sia il nido!
Allora ha ragione chi sostiene che il numero di coloro che richiedono il servizio è di gran lunga inferiore al potenziale bisogno del territorio?
Indubbiamente. E finché le cose resteranno così non sarà possibile risolvere la situazione. La legge oggi in discussione alla Commissione affari sociali della Camera, non ci soddisfa appieno, sia chiaro. Oltre al resto, anche lì sono previste delle aperture al privato che un po' ci preoccupano. Però è una legge che accoglie una richiesta fondamentale: quella di togliere i nidi dai servizi a domanda individuale.
Andiamo con ordine: perché la preoccupa l'apertura ai privati?
Perché vorrei che qualcuno mi tranquillizzasse sui controlli. Sia chiaro, non sono una statalista convinta. Probabilmente l'apertura ai privati è una necessità imprescindibile, un processo irreversibile. L'importante, però, è che il controllo rimanga saldamente nelle mani del Pubblico, e che sia un controllo serio. Se il servizio dev'essere di qualità, che lo sia!
Quali sono le "voci" che fanno la qualità del servizio?
Ci dev'essere un rapporto adulto-bambino adeguato; l'ambiente interno dev'essere confortevole; il trattamento alimentare dev'essere controllato; il personale dev'essere istruito e perfezionato professionalmente; si devono garantire anche ai dipendenti dei nidi privati corsi di aggiornamento qualificati… Senza queste garanzie il privato non deve ricevere finanziamenti pubblici.
Ma se queste garanzie vengono date?
Dubito: quello dei nidi è un servizio costosissimo; il Pubblico ha come finalità quella di pareggiare i conti, non quella di ottenere un profitto; il privato, invece, solitamente si prefigge proprio questo scopo. E allora deve trovare il modo di far saltare fuori i soldi da qualche parte: o aumenta le rette o risparmia sugli stipendi dei dipendenti o sui servizi offerti ai bambini.
Perché considera fondamentale che l'asilo nido sia tolto dai "servizi a domanda individuale"?
Perché l'asilo nido deve diventare non un obbligo ma un diritto di tutti i bambini: un diritto alla socialità, innanzitutto. Solo così, tra l'altro, noi potremo garantire l'asilo a tutti a un costo ragionevole. Ma per ottenere questo, bisogna innanzitutto che i nidi passino dal Ministero della Sanità a quello della Pubblica Istruzione. Sono queste le cose che abbiamo chiesto con la proposta di legge popolare "L'asilo nido: un diritto delle bambine e dei bambini". Per questo abbiamo raccolto 150.000 firme a livello nazionale. Per farla approvare dalla regione Lombardia ne abbiamo raccolte 5.000.
E come è andata a finire?
Non se ne è fatto nulla. Tenga presente che mentre noi raccoglievamo le firme l'amministrazione Formigoni stanziava dei fondi per le donne che decidevano di restare a casa a curare i propri figli!
Torniamo un attimo indietro: cosa cambierebbe se il nido non fosse più un servizio a domanda individuale?
Come le dicevo, il nido diventerebbe un'esperienza educativa a tutti gli effetti. Ci sarebbe un capitolo di spesa apposito nel bilancio della Pubblica Istruzione. Ma non solo: considerati i numeri, oggi possiamo dire che il calo delle nascite è un problema per la scuola dell'obbligo, non per i nidi. Come le ho mostrato, infatti, i nidi accolgono solo il sei per cento dei bambini sul territorio. Per quanto cospicuo sia il calo demografico, i nidi non ne risentono. Non si può dire lo stesso, invece, per le scuole di altro ordine e grado. E allora, perché perdere l'opportunità di dirottare verso i nidi i fondi, le risorse, le strutture inutilizzate altrove?
Finché la situazione legislativa rimane quella attuale, il Comune non può fare niente?
Potrebbe autonomamente spostare la gestione dei propri nidi dai Servizi sociali alla Pubblica istruzione, facendoli rientrare in quel capitolo di spesa. Alcuni comuni lo hanno fatto. Si tratta di scegliere come allocare le risorse.
Se dovesse fare un rimprovero all'amministrazione monzese?
A tutte le amministrazioni monzesi rimprovererei di aver abbandonato a se stesso un servizio che è sempre stato il fiore all'occhiello della città. Ci sono comuni che fanno un'opera di sensibilizzazione, nei confronti della popolazione, incredibile, e magari hanno un nido solo con una decina di bambini in tutto. Monza, che di nidi ne ha sei, che accolgono tanti bambini, offrendo loro un servizio di altissima qualità, non si è mai preoccupata di promuovere minimamente il servizio. Mi creda: se il servizio asili nido è la perla che è, lo si deve esclusivamente al personale che ci lavora!
Un giudizio un po' drastico. E forse datato: ora c'è il progetto "Peter Pan", si organizza la festa degli asili in piazza…
Sì, ma quanto c'è voluto? Decenni!
E una legge del governo Prodi, la 285.
Appunto.
Cosa chiederebbe lei, dal suo peculiare punto di vista, ad un ipotetico candidato sindaco a Monza?
Servizi adeguati per tutti, ma soprattutto la soddisfazione dei bisogni dei cittadini più deboli: gli anziani, gli handicappati, i malati terminali, i bambini. Mi piacerebbe che si prendesse a cuore la necessità di rendere la città adeguata e vivibile; che si curasse il verde pubblico; che si incentivasse la cultura. Basterebbero pochi gesti concreti: per i bambini, ad esempio, sarebbe sufficiente predisporre una segnaletica stradale alla loro altezza. A Fano hanno chiesto ai bambini di ridisegnare la città, per renderla a misura di bambino. Poi hanno realizzato tutto quello che potevano.
Ad esempio?
Chiusura al traffico di un gran numero di vie, costruzione di parcheggi, realizzazione di piste ciclabili, creazione di parcheggi per biciclette, abbattimento delle barriere architettoniche. Il tutto mirato, anche, ad una sensibile diminuzione dell'inquinamento. Ecco: a mio parere, chi assicurasse un impegno in questa direzione sarebbe il candidato sindaco perfetto.

S.I.


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- ottobre 2000